mercoledì 12 luglio 2017

12 LUGLIO 2003, ORA DEL DECESSO ORE 14:00

12 Luglio 2003

Non dimenticherò mai quel giorno e  quell’estate.

1 Luglio 2003

La mattina del 1 luglio 2003 entrassi in ospedale, la mattina del giorno seguente eri pronta per entrare in sala operatoria, soprattutto a livello morale. Eri pronta per affrontare quell’intervento, pericoloso, critico, rischioso, ma allo stesso tempo, esso ti avrebbe permesso di continuare la tua vita con minori problemi. Nessuno ti costrinse, nemmeno con il pensiero, anzi, zia la sera prima ti disse: “Se vuoi ripensarci, non sei obbligata”!


Quanto desidererei avere un briciolo della tua saggezza, del tuo coraggio, della tua forza, invece…


2 Luglio 2003

Mi alzai verso le 8 o 9 del mattino, papà lavorava e mamma e zia erano con te in ospedale.  Io ero a casa, dovevo studiare per prepararmi a un esame, ma quella mattina non ero in grado di fare niente, feci il minimo indispensabile, misi solo un po’ a posto casa, nient’ altro. Soprattutto quella mattina non riuscivo e non volevo pensare, forse egoisticamente, ma se pensavo a ciò che stavi affrontando in quegli istanti, mi mancava l’aria.

Purtroppo le cose non andarono come dovevano andare. Appena entrasti in sala operatoria avesti un forte attacco d’ischemia che portò a un totale cambio di “rotta” da parte dei medici i quali si trovarono davanti a loro una situazione molto più grave del previsto, decidendo immancabilmente per un intervento totalmente diverso.

Ore 13:00 il telefono di casa squilla, rispondo, era mamma che telefonava per avvertici che purtroppo c’erano state delle complicazioni durante l’intervento. Mio padre e zio partirono di corsa in ospedale io rimasi a casa.

Ti raggiunsi qualche ora dopo in ospedale e ti vidi poco dopo che uscivi dalla sala operatoria per essere trasportata in terapia intensiva. Eri in coma e piena di fili e attaccata a una macchina che ti teneva in vita.

È strano che il ricordare la drammaticità di quegli avvenimenti, non mi venga da piangere, forse, versai tutte le lacrime in quei momenti, o forse sto cercando di essere forte come lo eri te.

Non so cosa succede quando si entra in coma, ma forse hai potuto vedere, in qualche modo, la mia fragilità, la mia debolezza.

In terapia intensiva sono ammesse due visite al giorno, a pranzo e cena. Ti fanno indossare, copri scarpe, cuffia per la testa e ti fanno guardare attraverso un vetro. Era l’unico modo per poterti vedere e starti vicino, oltre che con il pensiero, il cuore e l’amore che tutt’ora proviamo per te. Però ti misero distante dal quel vetro e noi non riuscivamo a vederti bene.

12 Luglio 2003

Ogni giorno dal 2 luglio all’11 luglio venivamo in ospedale a farti visita, ma te eri sempre in quel letto, ferma immobile, dormiente! Ci fu solo un giorno che forse ci fu un mimino di speranza che ti fossi svegliata, al quale tutti ci aggrappammo, purtroppo inutilmente.
Da quel sonno profondo non ti svegliasti più!

Ore 13:00 del 12 luglio 2003, squillo del telefono di casa, altra corsa di papà e zio in ospedale. La situazione, dopo dieci giorni non aveva avuto e non prevedeva miglioramenti. I medici chiesero ai miei genitori e i miei zii di prendere una decisione definitiva, (forse la più difficile di tutta la loro vita), almeno fino a quel momento. Staccare la spina di quella macchina che per 10 giorni ti tenne in “vita”, oppure aspettare un tuo agognato risveglio. Non sapevano quali sarebbero state le conseguenze se ti fossi risvegliata; durante l’attacco d’ischemia e l’intervento, persi molto sangue e ti mancò l’ossigeno al cervello per non si sa esattamente quanto tempo, sappiamo solo che il giorno dopo chiusero tutte le sale operatorie dei principali ospedali della città, perché finirono le riserve di sangue per salvarti la vita.

Anche quel giorno arrivai in ospedale qualche ora dopo, non c’era differenza tra il 2 luglio e il 12, era pieno di parenti e conoscenti, perché te avevi avvertito tutti, infatti i telefoni di casa nostra e degli zii squillavano ininterrottamente.

Mio padre mi fermò appena uscii dall’ascensore.
Non c’eri più, il sonno profondo in cui eri caduta non ti riportò più indietro. Scoppiai a piangere, ma pensai due cose:
-        La prima fu che il giorno dopo sarebbe stato il tuo compleanno e speravano tutti che ci avresti fatto una splendida sorpresa risvegliandoti, perché sapevamo quanto eri forte.
-        La seconda fu che speravo e spero ancora oggi, che non hai sentito nemmeno l’ombra di un minimo dolore, che te ne sei andata via addormentandoti semplicemente, perché non meritavi di morire, ma soprattutto non meritavi di soffrire e che da quel momento in poi saresti tornata insieme al nonno.

12 Luglio 2017


Sono passati Quattordici anni d’allora e la tua assenza è sempre presente, ma con un giorno di anticipo di faccio i più sinceri e sentiti auguri di buon compleanno, ringraziandoti di starci sempre vicino, perché so che anche se te ne sei andata, forse perché era arrivato il tuo momento, per noi è stata una grandissima fortuna averti potuto conoscere, soprattutto per me e averti avuto vicino per tutti i tuoi anni terreni. So che te sei ancora accanto a tutti noi!